Il teatro del mondo
I dipinti di Davide Battistin ritraggono una Venezia disabitata, immersa in luci surreali, tanto improbabili quanto perfettamente presenti negli inconsci di chi familiarizza con le sorprendenti atmosfere in cui i veneziani conducono le loro esistenze.
davide battistin
Venezia palcoscenico del mondo. Venezia città di palcoscenici, di teatri stabili ed effimeri, come quelli, a volte elaboratissimi, che i veneziani costruivano anticamente in occasione delle principali festività.
Il Teatro del Mondo di Aldo Rossi, ultimo teatro effimero, inaugurato durante la Biennale 1980, celebrava la relazione della città con il teatro e i suoi teatri, ma anche la vocazione di Venezia a essere essa stessa teatro.
I dipinti di Davide Battistin ritraggono una Venezia disabitata, immersa in luci surreali, tanto improbabili quanto perfettamente presenti negli inconsci di chi familiarizza con le sorprendenti atmosfere in cui i veneziani conducono le loro esistenze. Battistin libera la città dagli eccessi che la caratterizzano, focalizzando prepotentemente la nostra attenzione sull’essenza del suo essere fuori dall’ordinario.
Con questa nuova serie di dipinti di grandi dimensioni l’artista ripercorre i temi che gli sono cari, imponendo allo spettatore l’iconica bellezza delle vedute caratteristiche della sua produzione. La rappresentazione della Piazzetta verso l’isola di San Giorgio, con le luci dell’alba che filtrano tra i portici di Palazzo Ducale, diventa nella mente del pittore metafora di uno straordinario palcoscenico dell’umanità. Un luogo di confine, sospeso tra realtà e finzione in cui le vicende umane, le grandi illusioni, le magnifiche imprese e le folle del turismo incontrollato sembrano trasformarsi in grottesche pantomime. Venezia è li, luogo fuori dal tempo e dallo spazio, magnifico lascito di una delle più grandi civiltà della storia umana. Le sue pietre, i suoi spazi metafisici appaiono talvolta come infrastrutture tenute in vita solo affinché la messinscena possa continuare.
La grande veduta di Torcello esplora ancor più in profondità le nostre coscienze, risvegliando la memoria delle origini antiche della nostra civiltà, il ricordo di un tempo in cui dignità e operosità garantivano la speranza del futuro.
Venezia e la sua laguna come Teatro del Mondo, fiera delle vanità, celebrazione del narcisismo collettivo in miliardi di selfie dati furiosamente in pasto ai social network.
Battistin sembra voler ricordare all’umanità intera che quel Teatro fu costruito dagli uomini, che quella bellezza è il frutto del lavoro e del genio visionario di un popolo. Un popolo estinto e per questo non più protagonista dei suoi dipinti, come fu invece nelle vedute di Canaletto e Guardi.
Dai dipinti di Battistin non traspaiono però tristezza né pessimismo: la bellezza incanta lo spettatore che, pieno di ammirazione, non può che gioire nel constatare che Venezia appartiene al mondo. Le sue venezie deserte sono rappresentazioni di uno spazio che non respinge o impaurisce, producono invece un’attrazione magnetica, inoculando un desiderio invincibile di entrare in quel mondo di bellezza e non lasciarlo più, ricevendone protezione e felicità. Il popolo di Venezia diventa allora l’umanità intera, o perlomeno quella parte di umanità che crede nella bellezza come unica speranza per una vita migliore.